
Paolo fa l'ultimo nodo con una smorfia finta. «Et voila!» esclama,
mentre mostra ai bambini la sua creazione. «E ora come lo chiamiamo
questo cagnolino?» Si tocca più volte il naso rosso. Fissa ogni
viso, uno per uno, e si ferma su quello di Diego: il sorriso con un
dente in meno, il volto solare, testa liscia e riflettente, occhi
celesti, grandi, enormi – sarebbe facile perdersi* in quelle
pupille, se solo qualcuno le osservasse per un paio di secondi. Paolo
porge il palloncino a forma di cane al bambino. Lui tende le mani, lo
afferra e se lo stringe al petto.
«È un momento importantissimo questo, bambini.» urla e subito dopo
si mette un dito sulle labbra. «Shhh.» Mostra il gesto a tutta la
sua piccola platea, ognuno seduto nel proprio letto, girando su sé
stesso. «Allora, Diego, sentiamo questo nome!»
Diego
osserva per un secondo il soffitto. «Ehm... » Si tocca un orecchio,
lo tocca di nuovo. «Va bene... Palloncino?»
Scoppia
una risata generale.