Premetto che il personaggio principale del romanzo ha in mano il codice mostrato nell'immagine del post, con sotto scritto "Ti piace Robin Alert, vero Xam?". Perciò, Xam cerca appunto di ricordare come si possa decifrare tale codice, facendosi mentalmente un ripasso dei libri che ha letto di Robin Alert.
Alla fine di questo estratto c'è la soluzione del codice sopra, perciò ha un suo perché.
Vi lascio quindi alla lettura, sperando che vi piaccia. Come sempre, consigli e critiche costruttive sono sempre bene accetti.
Dal romanzo di Robin Alert "Noi siamo altri"
[...]
Nella mano destra teneva la busta sigillata e poteva
quasi percepire come si stesse impregnando del suo stesso sudore.
Sperò solo che il contenuto non si fosse in qualche modo
danneggiato. La carta della busta però sembrava spessa e forse non
era quello il momento di farsi certi problemi sui dettagli. Aveva ben
altro a cui pensare.
Con una spinta maggiore delle braccia, riuscì ad
aumentare la propria velocità. Girò per un istante la testa per
guardarsi alle spalle: pochi metri più indietro, i due uomini lo
stavano ancora inseguendo e non sembravano intenzionati a smettere.
Vide uno degli agenti mettere la mano sulla fondina della propria
pistola. Il gesto rallentò la sua corsa, ma questo non rassicurò
Mark. L'idea di essere colpito da un proiettile da un momento
all'altro lo terrorizzò. Da morto non avrebbe mai potuto aprire la
busta e tutti i suoi sforzi per capire cosa gli stesse succedendo
sarebbero stati inutili.
Corse ancora più velocemente a questo pensiero.
«Fermati, Freeman!» sentì gridare, quando aveva
ripreso a guardare davanti. Il marciapiedi era quasi deserto e
correre in linea retta forse non era una buona idea. I due agenti non
avrebbero avuto problemi a centrarlo, se si fossero preso il tempo
necessario per mirare. Doveva provare ad andare a zigzag o svoltare
ad ogni angolo di strada.
La busta era tenuta saldamente tra le dita.
Un rumore assordante sovrastò quello del traffico. Il
cuore di Mark smise per un secondo di battere.
Senza fermarsi per capire se fosse stato colpito o meno,
si spostò a destra del marciapiedi, tanto da aprire
involontariamente la porta trasparente di un locale fast-food. Si
palpò disperatamente il petto in cerca di fori sanguinolenti, ma, nonostante non ve ne trovò, non ebbe un grande sollievo. Appena la porta del locale si
richiuse automaticamente, i due agenti la varcarono subito dopo,
aprendola di colpo. Ansimante, continuò la sua corsa all'interno
della sala, facendosi malamente strada tra sedie e tavoli.
I pochi clienti che erano seduti a mangiare si
sdraiarono sul pavimento, gridando. Da questo gesto collettivo, Mark
capì che l'agente che aveva cercato di sparargli aveva ancora l'arma
impugnata e bene in vista. Presto, l'unico a essere in piedi sarebbe
stato lui e questo sarebbe stato a suo svantaggio. Non poteva sperare
che i due agenti avrebbero mancato il bersaglio due volte di seguito.
La sua attenzione venne attratta da una porta aperta
dietro il grande bancone, oltre al quale i dipendenti si stavano
nascondendo. Doveva trattarsi della cucina. “Di solito le
cucine hanno un'uscita sul retro.” pensò. Non voleva rimanere
nel locale e tanto meno di uscirne da dove fosse entrato.
Con un balzo che sorprese persino lui, Mark scavalcò il
bancone.
L'esplosione di un altro sparo echeggiò nella sala. Un
altro urlo collettivo accompagnò il suono.
Mark si lasciò cadere dietro il mobile e vide il
proiettile colpire il distributore di bevande a spina, facendo
fuoriuscire schizzi di varie bibite gasate. Strinse la busta al petto
e sospirò sollevato. “A quanto pare possono sbagliare anche due
volte di seguito.” L'improvviso pensiero ironico gli diede la
carica per riprendere la corsa.
Non si alzò del tutto. Preferì varcare la porta della
cucina accovacciato. La chiuse dietro di sé e la fissò per un
istante in cerca di qualcosa per bloccarla. Intorno a lui, il
personale del locale sembravano terrorizzati. Per il resto, solo
pentole, posate e altri strumenti che al momento Mark non sapeva come
usare. Forse un coltello...
Sapendo di indugiare troppo, lasciò perdere. «Dov'è
l'uscita del retro?» chiese, girandosi più volte su sé stesso.
Un paio di
dipendenti indicarono una stanza esterna alla cucina con un dito.
Bene. «State tutti
giù!» urlò. Decise di afferrare un coltello e corse verso la
piccola stanza che doveva fungere da magazzino. «Arrivano delle
persone armate. State giù!»
Non fece in tempo a finire la frase, che i due agenti
erano già entrati.
Individuata la porta, Mark notò che la chiave
dell'uscita era nella serratura. La tirò fuori e aprì la porta. Un
vicolo deserto gli si mostrò davanti. Chiuse la porta appena fu
all'esterno del locale e, con qualche difficoltà, la chiuse a
chiave. Forse questo avrebbe fermato gli agenti per un po'. Anche una
manciata di secondi poteva fare la differenza.
Girò di nuovo su sé stesso per capire dove si
trovasse. Il vicolo dava sulla strada che aveva percorso prima di
entrare nel fast-food. All'altra estremità era chiuso.
Riprese a correre nell'unica direzione possibile. La
ricerca di idee era tuttora in corso, senza grandi risultati. Per
quanto avrebbe potuto resistere in quella maratona? Prima o poi il
suo fisico avrebbe ceduto, lui avrebbe ceduto e sicuramente molto
prima degli agenti. Doveva trovarsi un mezzo e anche il tempo per
esaminare il contenuto della busta.
Entrato di nuovo nella strada principale, oltrepassò il
marciapiedi, sperando di trovare un passaggio. Non aveva mai fatto
l'autostop, ma non si sarebbe certo fatti scrupoli per questo in una
situazione del genere.
Come se qualcuno lo avesse sentito, vide avvicinarsi un
taxi. Non perse l'occasione e lo chiamò con un gesto della mano.
Prima che il veicolo si fermasse, sentì un terzo boato.
Mark si girò per vedere alle sue spalle la porta sul
retro del fast-food aprirsi. I due agenti ne uscirono l'attimo dopo.
Forse avevano sparato alla serratura.
Non gli importava molto di come avessero fatto a uscire.
Doveva prendere quel taxi.
Il mezzo si fermò a pochi passi da lui. Aprì la
portiera e ci salì. «Vai, vai,
vai!» gridò all'autista. «Non importa dove, ma parti!»
Senza replicare,
Mark sentì come l'autista schiacciasse il pedale dell'accelerazione.
Tirò un sospirò di sollievo, questo volta molto più lungo.
Dal lunotto
posteriore riuscì infine a vedere i due agenti invadere la corsia
della strada. Potevano fermare una macchina e inseguirlo, Mark lo
sapeva, ma i due uomini si limitarono a osservare il taxi
allontanarsi e a tirare fuori i cellulari.
Bene. Se non altro,
prima di trovarsi qualcun altro alle calcagna, forse avrebbe avuto il
tempo di esaminare il contenuto della busta.
Mise il coltello che
aveva preso dal locale nella tasca interna della giacca e aprì la
busta. “Dammi qualche
risposta a tutto questo.”
pregò mentalmente. “Ti
supplico.” Estrasse
un unico foglio dal formato sconosciuto, piegato a metà.
«Ora posso sapere
dove la porto, signore?» chiese l'autista.
Per tutta risposta,
Mark guardò di nuovo fuori dal lunotto posteriore. «Ancora non lo
so, ma può rallentare, se vuole.»
«Ottimo.»
Ritornò al foglio,
spiegandolo. «Cosa diavolo?» Non riuscì a trattenersi al solo
pensiero. Diede involontariamente voce alla sua perplessità. «Che
roba è mai questa?»
Uno schema con
stelle e triangoli riportava le lettere dell'alfabeto. Mark lo fissò
attentamente.
[...]
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